da La Stampa
L’appello di prof e genitori: “Basta seggi nelle scuole”
Alcuni professori delle superiori hanno già avvertito i loro alunni: chi ha bisogno di recuperare ha meno di un mese, la scuola finisce il 31 maggio. In realtà in molte regioni d’Italia il calendario ufficiale indica l’8 giugno come ultimo giorno di scuola ma quest’anno saranno in pochi a frequentare le lezioni e studiare dopo il primo giugno. Sull’altare della democrazia sono stati immolati due giorni di scuola ad aprile per il referendum, altri tre per le amministrative di giugno. Tre giorni che diventano molti di più se si considera l’effetto del pericoloso allineamento del ponte del 2 giugno, seguito dalle elezioni del 5 e 6 e dalla fine delle scuole stabilita in molte regioni per l’8 giugno.
E quindi tutti a casa il 31 maggio, o giù di lì ma chi lavora o non ha nonni e nonne ed è già disperato all’idea di riavere i pargoli scorazzanti per casa dopo la prima settimana di giugno, ha i capelli dritti in testa da quando si è capito che la realtà andava ben oltre le più fosche previsioni.
Il problema riguarda centinaia di migliaia di famiglie italiane. Soltanto nelle scuole primarie di Roma ci sono quasi 200 mila alunni, in quelle di Milano oltre 120mila e in quelle di Torino oltre 30mila. E le elezioni si terranno in 1370 comuni. Fine d’anno da brividi, insomma, per i genitori ma anche per professori e dirigenti. Studenti a parte, nessuno ha gradito il doppio appuntamento elettorale a distanza di due mesi. «Da anni chiediamo che le scuole non siano più seggio elettorale. L’abbiamo chiesto al Ministero dell’Interno e al Ministero dell’Istruzione. La nostra è stata una voce nel deserto, non abbiamo mai ottenuto risposta», spiega Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi.
Essere una voce nel deserto non vuol dire essere da soli. Angela Nava, presidente del Coordinamento Genitori Democratici: «E’ sconcertante che le tornate elettorali si susseguano con questa frequenza e che il luogo pubblico debba essere sempre identificato con le scuole. Perché non le caserme? Ormai nell’immaginario dei professori si è consolidata l’idea che ogni anno c’è un’interruzione durante l’anno scolastico e che bisogna organizzarsi le lezioni in questo senso. E nell’immaginario degli studenti le elezioni corrispondono ad una vacanza, gli altri votano noi andiamo al mare. Non è educativo».
I professori la pensano allo stesso modo. Alessandra Cenerini, presidente dell’associazione docenti e dirigenti scolastici ricorda le battaglie nella sua scuola per evitare la maledizione del seggio. Ora che è presidente dell’Adi non cede di un millimetro: «Ci rendiamo conto delle difficoltà ma di sicuro chi ha definito il calendario delle elezioni quest’anno non ha pensato al diritto alla scuola e all’istruzione».
Presidi, docenti e genitori alleati senza alcuna esitazione, eppure non basta. Al Miur hanno ricevuto gli appelli e le richieste dell’Anp. In teoria sarebbero d’accordo anche a viale Trastevere sulla necessità di pesare meno sulle scuole. La ministra dell’Istruzione Stefania Giannini ha appena annunciato un progetto per tenere aperte le scuole da giugno a settembre a Napoli. Si chiamerà Scuola Al Centro e «fa di Napoli il primo esempio concreto di una misura immediata per tenere aperte le scuole da giugno a settembre, quando se non si va in vacanza l’alternativa è la strada e da lì si passa ad altro».
In caso di elezioni, però, non esistono alternative, fanno sapere. «Tecnicamente in ogni elezione il Miur su richiesta del Ministero dell’Interno scrive circolari in cui indica il periodo di sospensione delle lezioni in vista delle elezioni. Ad oggi non ci sono strutture così capillarmente presenti sul territorio da poter essere usate come seggi al posto delle scuole».